Frieze Art Fair 2009 – London

biglietto frieze
Ancora Londra, Sabato 17 Ottobre. Le previsioni annunciavano sole, invece il cielo è plumbeo e il freddo, aperte le finestre della mia stanza, è penetrante. Per svegliarsi è perfetto. Oggi  mi devo incontrare con Gilla per andare a vedere il Frieze Art Show che volge alla  sua conclusione.
Faccio una volata dal parrucchiere, il mitico Russel, e poi un salto a Portobello Market, dove tra la fiumana di gente e l’odore insopportabile di fritto e cibarie, adocchio su un banchetto, tipo gazza ladra, un meraviglioso paio di orecchini a clip vintage di Givenchy per la modica cifra di 5 £! Senza riflettere neppure per un secondo, naturalmente li compro. Poi, con la tube, torno in albergo e mi preparo.
L’appuntamento è alle 15.00 davanti all’ingresso principale di Frieze a Regent’s Park. Oggi a Londra c’è un traffico infernale ed è difficile trovare un tassì. Ma lo troviamo e in un minuto siamo diretti a Frieze!
Dopo un’iniziale misunderstanding seguito da telefonate del tipo “io sono qui, tu dove sei? “ “Hai presente l’ingresso ad arco tutto in legno pieno di lampadine” e roba del genere io e Gilla riusciamo a venirne a capo! Entriamo finalmente alla fiera. C’è parecchia gente. Le gallerie che espongono sono molte, tra le quali spicca la più rappresentativa e simbolica del Frieze Art Fair, la “White Cube” che ha al suo interno artisti come Damien Hirst, Marc Quinn (del quale vidi parecchi anni fa una personale alla fondazione Prada a Milano), Gilbert&George, Gary Hume e altri. Gilla mi porta subito lì. Ammiro alcune opere di Hirst che hanno sempre quel gusto obitoriale, da sala operatoria (peraltro in Bond Street c’erano i suoi famosi “teschi” in esposizione). C’è una teca piuttosto grande, dove si possono ammirare un sacco ferri per operazioni chirurgiche. La visione dell’opera di Hirst genera inquietudine e brivido insieme. Il suo lavoro sembra la rappresentazione artistica di un assassino seriale. Un odierno Jack The Ripper, Hannibal the Cannibal…
garyhume1Vengo poi immancabilmente attratta da un’opera di Gary Hume che rappresenta il volto di Jackson completamente bianco, inserito in una circonferenza, gli occhi sono asimmetrici e colorati d’ocra all’interno. La bocca rossa. L’opera è bellissima. Costa anche parecchio! Gilla mi ha spiegato che qui le trattative più grosse, con i compratori d’arte, si sono praticamente già concluse… Chi doveva comprare lo ha già fatto, anche se pare che un tasso alcoolico troppo elevato dovuto ad una distribuzione troppo generosa dei cockail, durante la vera giornata degli affari (la prima) non ha giocato a favore…  infatti i calzini della Puma sono rimasti lì, per terra, ancora in vendita! Strano a raccontarsi, e ancor più a vedersi, ma un artista, del quale, guarda caso,  mi sfugge il nome, ha presentato, come opera, un paio di (credo suoi) calzini usati, neri di Puma, buttati con noncuranza  per terra. Qualcuno, distrattamente ci ha anche camminato sopra non accorgendosi di calpestare una reliquia. Si, una reliquia del valore di ben 25.000 sterline. Provocazione da artista? Fatto sta che neppure l’eccessiva offerta di cocktail di benvenuto ne ha favorito l’acquisto e… te credo!
Per fortuna che, oltre ai calzini e un paio di sacchetti contenenti urine e delle piccole noci di cocco dentro in una teca di vetro, c’erano opere ed artisti interessanti. Alcuni neonisti molto bravi. Una foto (splendida e spettacolare) di Andreas Gursky  che ritrae un momento di una giornata all’interno della borsa saudita.andreagursky
Gilla poi mi mostra un’opera di Richard Long spiegandomi che Long è un fotografo e uno scultore inglese che sviluppa la sua arte in relazione all’ambiente circostante e che riguarda per lo più contesti paesaggistici e naturali. “ L’intento di Long è quello di accreditare la relazione tra l’uomo e l’ambiente come “fatto” creativo per eccellenza, intimo e primitivo, privo di ingombranti implicazioni volontaristiche e di ridondanti mediazioni artificiali”. Per questo si serve spesso di materiali (ad esempio fanghi) che trova nei diversi luoghi, durante le sue escursioni.
Mi è rimasta poi impressa un’opera di Ivan Navarro, artista cileno che realizza delle complesse sculture luminose. E’ stato uno dei primi ad utilizzare il neon come materia artistica. Navarro sviluppa il concetto di conversione dell’energia costruendo istallazioni con materiale di uso comune. Quello che abbiamo visto in particolare è un grande parallelepipedo nero lucido con, al suo interno, un diverso numero di  tubi di neon rosso allineati  orizzontalmente e sul fondo del parallelepipedo uno specchio che, con un’illusione ottica, moltiplica  all’infinito il numero dei neon, in modo tridimensionale, ampliando di fatto la percezione dell’ambiente in cui ci si trova. Davvero particolare a vedersi.
Altro (giovane) artista di spicco è Peter P. (Si fa chiamare così perché non vuole svelare la sua reale identità). Realizza piccole tele, ritraendo giovani fanciulli. Le sue opere si possono ancora acquistare a prezzi percorribili, ma ci sono esperti pronti a giurare che diventerà un artista quotatissimo.
Da segnalare anche la presenza della molto interessante galleria napoletana T293, che si presenta al Frieze  senza opere ma con  solo i cataloghi dei loro artisti e un particolare “stand” che diventa di per sé un’istallazione d’arte firmata da Pasquale Pennacchio&Marisa Argentato. Una stanza fatta con materiale di recupero e scaffali tipico delle vecchie botteghe. Quattro pareti di truciolato rivestito in plastica bianco ottico a buchini… Avete presente certe vecchie drogherie che ancora si vedono in  giro?… A starci dentro per un po’ e concentrandosi sui puntini, ti girava la testa!
capitalism
Tra gli artisti che rappresenta Marco Altavilla e la T293, mi colpisce in particolare l’opera in neon di Claire Fontaine “CAPITALISM KILLS LOVE”, che, secondo un  progetto e un intento preciso la galleria e gli artisti vorrebbero riuscire a fare mettere per qualche tempo sulla facciata nientemeno della FED, la banca centrale degli Stati Uniti!traceyemin
Vorrei infine citare l’inglese Tracey Emin, artista donna dal passato e le esperienze travagliate e drammatiche. Oltre ad utilizzare altre forme d’arte, dipinge ricamando la tela con ago e filo nero. Per lo più “dipinge-ricama” denunciando la violenza. La violenza sulle donne, violenza correlata all’esperienza sessuale. Fu violentata a tredici anni e per lei, da quel momeno la violenza è diventato quasi un fatto normale, dal quale non poteva né sapeva sottrarsi.“C’è violenza nel mio lavoro, soprattutto violenza contro le donne. Molti sono stati crudeli con me perché sono donna. Sono stata violentata a tredici anni da un ragazzino poco più grande di me. Si dovrebbe parlare più spesso di queste cose perché capitano anche agli uomini. È tempo di rompere questa catena di omertà: ecco perché nelle mie opere mi confronto spesso con l’adolescenza. È il momento in cui tutti possono farti ciò che vogliono”
La mia esperienza al Frieze Art Fair si conclude, così saluto e ringrazio Gilla Bertotti per l’invito e l’opportunità e  torno felice in albergo, felice perché l’arte (calzini di Puma a parte) ti solleva, anzi ti eleva ad uno stato superiore. Ti fa venire voglia di essere migliore, di essere più critico, più attento più ardentemente desideroso di eliminare la “spazzatura” dalla vita di ogni giorno. Per questo motivo è così importante!
Qui un video per chi vuole approfondire…

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Durante il Frieze, mentre mi intervistano con Gilla Bertotti al mio fianco, accanto ad un quadro stupendo di Gary Hume e nel salone adiacente allo stand di “White Cube”. L’outfit è di Ferragamo, borsa, scarpe e occhiali compresi!

Dream Hunters – The 14th Exhibition of Blue&Joy – London

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Che c’è di meglio di un week-end a londra per fuggire alla monotonia e all’angoscia di una città come Milano, dove gli spazi dedicati alla creatività e all’arte si riducono sempre di più? Così la mia partenza per london diventa più di un normale fine settimana di puro svago e shopping. Infatti parto mercoledì 14 ottobre.
Il 15 sono ospite dell’inaugurazione della mostra di Blue&Joy, al secolo Daniele Sigalot e Fabio La Fauci, amici ormai da parecchi anni, all’interno della boutique di Salvatore Ferragamo nella via dello shopping londinese, la meravigliosa Old Bond Street. E’ un cocktail che parte alle 18.00 e termina alle 22.00.
Giovedì arrivo all’inaugurazione verso le 20.30 e il negozio è già gremito di invitati ognuno con il proprio flute di champagne in mano. Le opere degli artisti un po’ ovunque e le modelle che sfilano su un catwalk “sali e scendi” la collezione autunno-inverno 2008-2009.
L’atmosfera è frizzante, ma rilassata. Saluto i ragazzi e mi complimento per l’allestimento e le opere davvero originali, come sempre. In particolare mi colpisce il cane gigante (che è un po’ il protagonista della mostra) , ricavato dal collage di migliaia di bottoni griffati “ferragamo”.
La serata prosegue tra chiacchiere, i sorrisi e le lacrime di Blue e di Joy, nuove conoscenze, musica, abiti e scarpe e occhiali in bellavista e incontro un sacco di insospettabili “fans” di Paola&Chiara che sono italiani, ma vivono e lavorano come professionisti a Londra da anni. Tutti si rivelano aperti e molto simpatici e dimostrano di apprezzare molto il look che ho scelto per questa sera. La cosa mi inorgoglisce non poco.
Al cocktail incontro anche Gilla Bertotti, che gentilmente mi informa che a Londra è in corso il “Frieze Art Fair” , una delle fiere d’arte più importanti del mondo. Gilla, super carina , si offre di “scortarmi” sabato alla fiera. Si occuperebbe lei di procurarmi un ingresso. Entusiasta all’idea, accetto più che volentieri!
Al momento dei saluti, la sensazione che mi porto via, nella mia stanza d’albergo, è che Londra sia bella, si, ma che l’Italia, a chi lavora e vive qui in maniera permanente, manchi e non poco…

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Nella foto io con i Blue&Joy, cioè Daniele Sigalot e Fabio La Fauci, all’interno della boutique londinese di Ferragamo. Il mio hair&make-up sono opera di Klare Ya Ya Wilkinson. Il mio outfit… Ferragamo naturalmente!

SHOWstudio: Fashion Revolution – Exhibition at Somerset House, London

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Presso la Somerset House (Strand, London WC2R 1LA) fino al 20 Dicembre 2009, in mostra SHOWstudio, il progetto web del fotografo e artista visivo Nick Knight.
SHOWstudio è un sito web creato nel Novembre 2000 da Nick Knight, “that has consistently pushed the boundaries of communicating fashion online”.
Nick Knight aggiunge “SHOWstudio is based on the belief that showing the entire creative process-from conception to completion-is beneficial for the artist, the audience and the art itself.”
Questo il tema della mostra: “our experience of fashion is changing. In these times of instant, digitally-fuelled information, the fashion image is no longer confined to the static world of the printed photograph. Today we are confronted with a dramatic new fashion universe, where photography, film, performance, music, art and technology combine to create an infinitely richer landscape”.
Grande spazio è dato alla video-arte come forma di comunicazione visiva moderna e di avanguardia. All’interno della mostra lavori di Alexander McQueen, John Galliano, Naomi Campbell, Gareth Pugh, Comme des Garçons, Kate Moss, Björk ed altri importantissimi artisti del mondo della comunicazione visiva. In alcuni giorni è possibile assistere a live-set fotografici di fotografi di moda tra i più importanti nel mondo.

Londra, Venerdì 16 Ottobre. Oggi  sono stata a vedere lo ShowSudio di Nick Knights sulla riva del Tamigi. Belle installazioni. Alcune cose sono davvero interessanti. La cosa che mi è piaciuta di più è stata  lo studio dove vengono spesso realizzati servizi fotografici dal vivo. Il pubblico della mostra può assistere da dietro alla vetrata dove fotografi come Nick Knights stesso scattano top model come naomi e mariacarla lavori veri e propi, come la cover di Vogue UK… peccato che oggi non fosse prevista alcuna “live session” … che jella!
Mi consolo, guardando le proiezioni delle precedenti. Alcune sono proprio belle. Resto ipnotizzata dalle immagini che hanno una dimensione vagamente voyeristica e anche un po’ fetish… in realtà un po’ più che vagamente e penso a cosa avrebbe combinato lì dentro uno come Newton…
Dopo aver visto una specie di corto  divertente , realizzato nel Backstage della sfilata “NO!” di Victor&Rolf, sono tentata di acquistare (nella parte merchandising) una fantastica carta da parati color carne con immaginette di atti osceni,  disegnati in rosso in stile ‘700, poi penso… ma che me ne faccio? però bella! “La lascio lì ed esco ritrovandomi davanti ad uno scatto triplo gigante di naomi che mi  saluta sparandomi con un silenzioso mitra al neon lampeggiante. Muoio un attimo e poi mi riprendo… fermo un taxi e ritorno verso il centro… a guardare lily donaldson così magra, mi è venuta una gran voglia di metter qualcosa sotto i denti!

Una riflessione: grazie a Nick Knights stasera ho scoperto che Kate Moss è riconoscibile anche soltanto dallo stampo del suo rossetto! Andate a vedere la mostra e capirete di che sto parlando 😉

È morto Irvin Penn

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Il fotografo statunitense Irving Penn (nella foto), famoso per le eleganti immagini di moda e per i ritratti in bianco e nero e soprattutto per le nature morte apparse su ‘Vogue’, è morto ieri, 7 Ottobre 2009, nella sua casa di New York all’età di 92 anni.
L’annuncio della scomparsa è stato dato congiuntamente dall’amico Peter MacGill, che era anche il suo agente, e dal fratello, il regista Arthru Penn.
Il fotografo fu sposato per 42 anni con la modella Lisa Fonssagrives, che fu suo soggetto di scatti di sofisticata bellezza fino alla morte avvenuta a 80 anni nel 1992. Il gigante della fotografia americana, come è stato definito, si affermò a 26 anni come assistente di Alexander Liberman per ‘Vogue’, rivista per la quale realizzò numerose copertine, fra cui la prima in still-life (natura morta) a colori per il numero dell’ottobre 1943. penn3Dopo la Seconda guerra mondiale, Penn lavorò ininterrottamente per la rivista realizzando ritratti, foto di moda e nature morte con cui ha definito un nuovo ”visual style” e lanciato l’estetica ”less is more”, cioè più si sottrae da un’immagine più essa può risaltare efficace e suggestiva. Penn ha scattato anche alcune delle foto-icone degli anni Sessanta, come quelle dedicate alla Beat Generation e alla ”Summer Love” del 1967. Sempre a quell’anno risale la celebre foto in cui sono in posa i motociclisti della gang ”Hell’s Angels”, realizzata in uno studio di San Francisco nel 1967.
Insieme a Richard Avedon, Penn è stato l’altro grande fotografo di moda del secondo dopoguerra (famose i suoi scatti per Marisa Berenson), a cui si ispirò anche il regista Michelangelo Antonioni per il protagonista principale del film ‘Blow-up’. Tra i suoi tanti ritratti di vip, spiccano quelli di Edmund Wilson, W. H. Auden, Spencer Tracy, Joe Louis e Duchessa di Windsor. Penn contribuì anche a far fare il loro ingresso sulle pagine di ‘Vogue’ a intellettuali e artisti come Willem de Kooning, Isamu Noguchi, Pablo Picasso e Italo Calvino. Le prime immagini Irving Penn e quelle successive dedicate al mondo della moda furono realizzate senza l’uso di elaborati espedienti tecnici, ma solo con l’ausilio di un fondale di carta e con la più semplice illuminazione possibile: fu proprio per questo che risultarono dei capolavori, riuscendo a legare in modo indistinguibile lo spirito della modella con l’abito che indossa. penn2Negli ultimi trent’anni Penn si è concentrato su ritratti a carattere etnografico, su nudi e studi sul colore, in particolare quello dei fiori. Penn può vantare la più lunga collaborazione con le testate della casa editrice Condé-Nast, che pubblica tra le altre riviste ‘Vogue’. A partire dal 1985 lavorò anche per ‘Vanity Fair’.
Irving Penn è considerato uno dei massimi rappresentanti del XX secolo di un genere di lunga e illustre tradizione come la natura morta, lo ”still life”. Il fotografo è sempre stato attento per prima cosa a stabilire una precisa distanza dal soggetto fotografato. Fisica e psicologica, che si tratti di fotografare attori, poeti, modelle, frutta o mozziconi di sigaretta.
I suoi soggetti sono sempre sistemati dentro spazi chiusi, stretti, a volte angoli di pareti costruite per l’occasione. Mai in esterni. Ne risulta un senso di calma concentrazione, e di claustrofobia. Il personaggio è come fisicamente limitato, ma i limiti spaziali per contrasto rendono palpabile la sua energia. I soggetti raffigurati nelle nature morte vanno dagli oggetti della pubblicità (come la serie ”minimalista” dedicata ai prodotti cosmetici realizzata per Clinique tra gli anni Sessanta e Settanta), ai cibi (reinventati per i servizi redazionali di ”Vogue”), agli animali morti ai quali il consumo impone nuove forme, ai materiali trovati per la strada (noti i suoi mozziconi di sigarette degli anni Settanta). A nature morte ”miserabiliste” che utilizzano scarti di materiali in decomposizione, avanzi, metalli, fino alle nature morte di costruzione più complessa che si rifanno al classico tema della vanitas, con ossa e teschi di uomini e animali, insieme a frutti, fiori ed altri elementi compositivi.

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