Hallowood Circus Party 2009 – Milano

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Milano, 31 Ottobre, Halloween. Tutti al meraviglioso party di Giampaolo Sgura, Miguel Marnau e Marco Braga. Il tema…udite udite… è IL CIRCO… e quindi… libero sfogo alla fantasia. Perché il circo non è niente altro se non la materializzazione del sogno, dell’onirico. E’ l’ambiente dei visionari, dei poeti, degli acrobati, dei romantici.hallowood2hallowood3Di coloro che vivono la vita sospesa a mezz’aria tra ciò che è reale e ciò che puoi solo sognare, esattamente come fa un trapezista, esattamente come un equilibrista, come “l’uomo che cammina sui pezzi di vetro” o “la donna cannone”, come il domatore di leoni, o la ballerina, il sollevatore di pesi, come gli animali agghindati con berretti, accessori e paramenti (e dunque sogno anche loro) o come il tiratore di coltelli e la sua bellissima donna come tirassegno vivente,come il presentatore o i clown, i pierrot, come i nani che, esclusi da una  società che non accetta la diversità, diventano speciali nel senso più alto del termine, e trovano il loro senso nell’espressione artistica che il circo rappresenta.
Tutto l’ideale, tutto l’impossibile e dunque… ”Venghino siorre e siorri, venghino al zircoooo!” in un turbinare di crinoline, maschere, parrucche,carte da gioco, evoluzioni, pop corn, barboncini giganti su pattini a rotelle, majorettes, donne barbute, uomini sui trampoli,musica, un po’ di assenzio e polvere di stelle, ecco materializzarsi a Milano, in via Mecenate, la rutilante meraviglia di “Hallowood”, il circo di un anno, il 2009, che finalmente termina. Un anno di crisi, di sofferenze, di cataclismi e di… sottrazione. E naturalmente e, come sempre, la sottrazione aumenta il desiderio del sogno e riavvicina quest’ultimo agli uomini. Lo rende quasi tangibile, così, la fantasia, un po’ ottenebrata, messa da parte, quasi snobbata, immancabilmente si riaccende più viva che mai.
Perché il circo è in tutti noi. Il circo non si dimentica.
Questo siamo stati il 31 ottobre ad Hallowood il “non luogo” del “tutto possibile” 😉

Il mio make-up è opera di Letizia Maestri, lo styling di Ivo Bisignano;
le foto sono prese da Facebook

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E’ morta la poetessa Alda Merini, cantò il dolore degli esclusi

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E’ morta ieri a Milano la poetessa Alda Merini. Aveva 78 anni. Protagonista della scena culturale italiana, e considerata la più grande poetessa italiana vivente, era ricoverata all’ospedale San Paolo (la camera ardente sarà allestita a Palazzo Marino) da una decina di giorni per un tumore osseo. Viveva in condizioni di indigenza – per scelta – tanto che i pasti quotidiani le venivano portati dai servizi sociali comunali. Ha cantato gli esclusi e ha vissuto la malattia mentale. Le esequie si terranno mercoledì 4 novembre in Duomo a Milano: funerali di Stato, ha annunciato il sindaco Letizia Moratti dopo il via libera del Consiglio dei ministri.
Negli ultimi anni il suo volto era divenuto popolare anche al pubblico televisivo. Frequenti le sue apparizioni, con quella voce arrochita dal fumo, con parole e pensieri profondi e a tutti comprensibili. Grazie a lei, molti si erano avvicinati alla poesia. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è detto profondamente rattristato della sua scomparsa: “Viene meno un’ispirata e limpida voce poetica”.
Nata in una famiglia poco abbiente (il padre era impiegato in una compagnia di assicurazione, la madre casalinga) la Merini esordì appena quindicenne con la raccolta La presenza di Orfeo curata dall’editore Schwarz. E mentre già attirava l’attenzione della critica, la giovanissima Alda incontrava difficoltà nel mondo della scuola “normale”. Venne infatti respinta quando tentò di entrare al liceo Manzoni. Dissero che non era stata sufficiente nella prova d’italiano. Da quel momento la sua vita è sempre stata al confine tra il riconoscimento della sua eccezionale capacità poetica e la difficoltà dovuta alla malattia mentale, che nel 1947 la portò al ricovero, per un mese, nella clinica Villa Turro, a Milano. Lei stessa ne ha sempre parlato e scritto definendo la sua sofferenza psichica come “ombre della mente”. Con le quali, nel tempo, ha saputo convivere. Per certi versi, il dolore l’ha aiutata a scandagliare l’animo umano.
Così Alda Merini ha spiegato ad Antonio Gnoli l’uscita dalla malattia, in un’intervista a Repubblica.
“Per me guarire è stato un modo di liberarmi del passato. Tutto è accaduto in fretta. L’ultima volta che sono stata all’Istituto che mi aveva in cura per depressione mi è accaduta una cosa che non avevo mai provato. Una mattina mi sono svegliata e ho detto: che ci faccio io qui? Così è davvero ricominciata la mia vita. Ho ripreso a scrivere e ho perfino trovato quel successo che non avrei mai pensato di ottenere”. Sul successo Alda ride con voce roca e lenta e poi aggiunge: “Il successo è come l’acqua di Lourdes, un miracolo. La gente applaude, osanna e ti chiedi: ma cosa ho fatto per meritare tutto questo? Penso che la folla, anche piccola, che ti ama ti aiuta a vivere. In fondo un poeta ha anche qualcosa di istrionico e di folle. Per questo il manicomio è stato per me il grande poema di amore e di morte. Ma anche questo luogo oggi è distante. Mi capita a volte di rivederlo in sogno. Io sogno tantissimo. E tra i sogni ne ricorre uno: sono dentro a un luogo chiuso, e io che cerco le chiavi per uscire. Forse sono mentalmente ancora in quel luogo che mi ha ucciso e mi ha fatto rinascere. Mi sento una donna che desidera ancora. Oggi per esempio vorrei che qualcuno mi andasse a comprare le sigarette. Non ho mai smesso di fumare, né di sperare”.
Fin dai primi anni del suo lavoro poetico, conobbe e frequentò maestri come Quasimodo, Montale e Manganelli che la sostennero e promossero la pubblicazione delle sue opere. Dopo La presenza di Orfeo (e alcune poesie singole pubblicate in diverse antologie), escono Nozze romane e Paura di Dio. La Merini, nel frattempo si era sposata con Ettore Carniti (1953) e aveva avuto la sua prima figlia Emanuela. Al pediatra della bambina aveva dedicato la raccolta Tu sei Pietro (1961).
Comincia qui un altro periodo difficile costellato di ricoveri dolorisissimi e di ritorni a casa sempre difficili ma anche allietati dalla nascita di altri tre figli. Con un lungo periodo al “Paolo Pini”. Dal 1972 al 1979 la situazione, a poco a poco migliora e la poetessa torna a scrivere. E, con grande coraggio, racconta in poesia e prosa la sua esperienza (“La Terra Santa”).
Rimasta vedova nel 1981, si risposerà con il poeta Michele Pierri (1983) e con lui andrà a vivere a Taranto e ancora incontrerà i fantasmi della sua mente. Nel 1986 tornò a Milano dove ha sempre vissuto fino alla morte. E di questo ultimo ventennio sono la maggior parte delle sue opere più note: “La vita facile”, “La vita felice”, “L’altra verità. Diario di una diversa”, “”le parole di Alda Merini”, “Folle, folle, folle d’amore per te”, “Nel cerchio di un pensiero”, “Le briglie d’oro” e tante altre. Compreso “Superba è la notte” un tentativo di Einaudi di sistemare le poesie scritte tra il 1996 e il 1999.
Sul suo sito, accanto alla foto con i capelli scarmigliati, lo sguardo profondo e l’immancabile sigaretta in mano, tre versi: “(Sono una piccola ape furibonda.) Mi piace cambiare colore. Mi piace cambiare di misura”.
I frati francescani di Assisi, raggiunti dalla notizia, si sono riuniti in preghiera: “La comunità francescana del Sacro convento di Assisi affida al Signore l’ anima della poetessa Alda Merini e partecipa al dolore di chi sta soffrendo per la sua perdita”. Lo ha detto il custode del Sacro convento, padre Giuseppe Piemontese.
Tra la Merini e i francescani, infatti, c’era un rapporto particolare che, in qualche modo, faceva parte del suo più recente modo di essere con quella sua straordinaria apertura al mondo più semplice e alle altre arti meno “colte”. Circa due anni fa, infatti, nella Basilica superiore, si tenne un concerto di Lucio Dalla ispirato ai versi di Alda Merini. Lei ne era orgogliosa e i francescani si erano innamorati di questa donna e del suo modo scontroso ma dolcissimo di esistere.

larepubblica.it


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Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’ orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

Alda Merini (Terre d’Amore, 2003)


Sono molto irrequieta quando mi legano allo spazio

A volte Dio uccide gli amanti perchè non vuole essere superato in amore

La calunnia è un vocabolo sdentato che quando arriva a destinazione mette mandibole di ferro

La vera misura dell’uomo è la pace

Alda Merini (Aforismi)



Sito ufficiale di Alda Merini

Thomas Bayrle Exhibitions – Cardi Black Box – Milano

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Milano, Cardi Black Box in  Corso di P.ta Nuova al 38; inaugurazione della mostra di Thomas Bayrly.
“Nasce a Berlino nel 1937, vive e lavora a Francoforte. Thomas Bayrle è stato uno dei fondatori del movimento pop in Germania insieme a Sigmar Polke e Gerhard Richter, ed ha influenzato la scuola di Francoforte sia come artista che come insegnante per più di trent’anni.
Il lavoro di Bayrle in printmaking, collage fotografico e disegno è stato chiamato “Piranesi-esque” con i suoi complessi, micro/macro patterning che generano quasi una sineddoche visuale: figura retorica dove per indicare l’intero si nomina una sua parte o viceversa. Aree diverse della conoscenza, in senso lato, come la nanotecnologia, la cibernetica, la pornografia, l’urbanistica e la pubblicità offrono le fondamenta, l’impulso e la materia prima della pratica di Bayrle. Attraverso le relazioni di punto e griglia o cella e condotto, l’artista crea sovrastrutture illustrate che analizzano le strutture sociali che noi occupiamo. Bayrle costruisce immagini architettoniche, tecnicamente innovative che perturbano la percezione attraverso il loro iconoclastico uso di forme. Oltre ai suoi lavori a due dimensioni, l’artista produce anche sculture: modellini di cartone di piste per moto che suggeriscono un qualche genere di sovrastruttura d’ecologie urbane” (fonte WikiARTpediA)
Arrivo alle 20.00 circa. La galleria è strapiena di gente tanto che pare più l’attesa di un concerto. Positivo. Si respira un’aria internazionale e l’arte interessa e non annoia. Incrocio il mitico Elio Fiorucci immediatamente all’ingresso e, dopo qualche foto di rito, mi addentro per dare un occhio alle opere, che sono belle e curiose. Per vedere il soggetto “esterno” (diciamo così) ti devi allontanare sufficientemente, per vedere quello “interno” (riprodotto in serie ordinata per comporre l’opera) devi avvicinarti parecchio. bayrle4 Per di più ci sono i colori, pop, acidi, fluo… molto 60’s. I micro soggetti sono tazzine, bottiglie, la mucca (o il toro) con gli orecchini che ride, un microprofilo di donna, un telefono, una camicia piegata, un paio di scarpe maschili. I macro soggetti sono ritratti, una bottiglia, scritte, una donna stesa che prende il sole a rimini (dice la didascalia) , un’operaia che lavora il cotone, un martello, un’oca. Oltre ai quadri c’è uno stand pieno di impermeabili di plastica trasparente stampata e poi un impermeabilone gigantesco appeso al soffitto di colore rosso (sempre trasparente di plastica). Divertente, concettuale, dinamico, poetico Bayrle e…immancabilmente Pop. Al piano di sopra i temi predominanti sono l’urbanistica e l’eros. Da una parte (con piccoli e grandi quadri fatti con strisce di cartoncino e intersecate, come se fossero delle trame di tessuto ingrandite al microscopio) raffigurati città, strade e palazzi… Dall’altra parte della stanza, invece, predomina il tema dell’eros; quello che ha maggiormente attratto la mia attenzione, è una fellatio che ha (come soggetto interno) un micro fallo riprodotto innumerevoli volte.bayrle1Il sesso, ha sempre un potere di attrazione notevole, è evidente nel volto di chi osserva.Ma chissà come mai!!! Presente nella sala anche un ritratto doppio piuttosto grande (a colori e in bianco e nero) di Condoleezza Rice, sempre fatto con la medesima tecnica di strisce di cartoncino, che mi ha colpito molto.
Mi colpisce anche il volto di una donna messa a tre quarti con uno chignon di capelli  basso, praticamente identico a quello che io ho fatto questa sera. Per altro mi sento perfettamente a mio agio nel mio look Westwood, anche per la scelta dei colori e la fantasia a righe del mio top. Perfettamente inserita nel contesto circostante… mi piace questo elemento!!!
Ariscendo al piano di sotto e mi sparo l’unico drink che viene offerto, credo vodka, ma lo bevo appena. E saluto un po’ di amici… ammirando da lontano LIEBE BUTTER. Saluto finalmente anche Nicolò Cardi e mi complimento con lui per la mostra veramente bella; poi discutiamo dell’articolo uscito quella mattina sul Corriere della Sera: assurdo… “il vicinato della Cardi Black Box si lamenterebbe del chiasso causato dagli eventi della Galleria, e l’avrebbe per questo denunciata”. Mio Dio, ora, oltre ai concerti, alla movida notturna, manco più le mostre d’arte vanno bene a Milano?!?  E poi… sono le 8 della sera!!! Che disperazione questa città! Spero che non si trasferiscano tutti a New York, a Londra e a Parigi, condannando Milano ad un futuro grigio, triste e completamente privo di creatività! Ma perché, dico io, invece di lamentarsi non si infilano qualcosa e non scendono a vedersi un po’ di bei quadri… certamente gli farebbe un gran bene!

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